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El dì di mort:
centomila in Iraq e i caduti della Grande guerra
di Michele Casiraghi


Mussolini inaugura il Monumento ai Caduti - archivio storico biblioteca civica
31.10.1932 - Mussolini inaugura il Monumento ai Caduti

Troppo grande?
Giusto in questi giorni le tv davano notizia della documentazione prodotta da una fonte Usa secondo la quale i morti in Iraq avrebbero raggiunto le centomila unità, in gran parte costituite da civili.
Sempre in questi giorni, sul forum di Piazza d'Uomo si discute con discreto accanimento sulla destinazione da darsi al monumento ai caduti della Grande guerra, collocato in piazza Trento e Trieste, dinanzi alla sede del comune.
Così, anche se separati nel tempo, i due fatti finiscono per intrecciarsi nel groviglio dei pensieri e delle riflessioni che frullano nella mia testa.
La questione monumento, lo so, affiora e si immerge da tempo: l'ammasso bronzeo è tutt'altro che bello, alquanto ingombrante. C'è chi propone di collocarlo altrove e chi di preservarlo, dato il carattere di memoria che rappresenterebbe.
L'amministrazione, o chi per essa, a quanto pare ha gia preso una decisione, anche se non appare chiara nei dettagli: il monumento resterà dov'è, sarà sufficiente limitarne l'impatto "estetico" e spaziale, visto che si vuol destinare la piazza ad altri utilizzi più sensati e attuali.
Non so quanto sia praticabile, dati i vincoli cui la politica è sottoposta o si sottopone autonomamente, l'ipotesi di cambiar sede all'ammasso bronzeo, cui associazioni varie legate ai ricordi che rappresenterebbe si oppongono, quasi che la centralità e la persistenza di una memoria nella storia fosse indissolubilmente legata alla centralità fisica nella città del simbolo che la vorrebbe eternare.
E' un problema, come ho detto, anche di dimensioni: l'oggetto è ingombrante.

Troppo piccolo?
Eppure, se volessimo davvero preservare e tramandare la memoria di quanto accaduto, dovremmo rassegnarci ad ingombri ancora maggiori.
La nostra società e la nostra cultura occultano accuratamente la morte, a meno che non la possano render in qualche misura accettabile o perchè particolarmente onorevole o perchè particolarmente esecrabile: quando, cioè, la morte nella sua essenza nuda, fatta di sangue, escrementi vari e sofferenze inevitabili, infine scompare, diventando tuttalpiù allusione (come nei video tape).
Proviamo invece a immaginare di mostrarla, come pure si è fatto nella tanto rimpianta cultura cristiano-occidentale, ma depurandola della fumettistica religiosa che l'ha tipizzata (inferni e paradisi di memoria assira o biblica): immaginiamoci debba esser il memento mori che persino Amleto recita palleggiando il teschio di Yorick, a contatto fisico con la materia.
Quello sì è memoria della morte non velata da rituali laici o religiosi.
Cosa potremmo fare, allora, per ricordare davvero la Grande guerra e l'Iraq, e i morti che vi si sono dissolti?

Accatastarli, nel loro numero esatto, nella loro carne disfatta, nei brandelli dispersi, uno per uno, sopra l'altro, fino a farne centomila o seicentomila, tanti quanti erano da vivi.
Lì, mummificati e disincarnati dalla loro identità, magari, ma non dai loro corpi disgregati. L'uno sopra l'altro come foglie o stracci o residui di un gigantesco incidente, nel quale parenti ed amici potrebbero cercare di scorgere i tratti di un volto conosciuto, di un dettaglio noto, di un oggetto caro.
Volessimo, la tecnologia potrebbe venirci in aiuto, inglobando il tutto in un contenitore trasparente di metacrilato.
Ma quanto spazio occuperebbero centomila morti in una piazza di Bagdad? E quanto i caduti in piazza Trento?

Immaginiamo
Proviamo a "immaginarlo", come consigliava di fare Ignazio di Loyola nei suggerimenti sulla meditazione e gli esercizi spirituali richiamati da Italo Calvino: vederlo nella mente, rappresentandone pazientemente i dettagli fino a composizione compiuta.
Forse, ammesso che uno spazio adeguato ad ospitare concretamente "immagini" simili si trovi, diventerebbe tabù come per i pellerossa,  un luogo periferico da non attraversare e anche materialmente inattraversabile: com'è possibile arrampicarsi e camminare su un cumulo di morti tanto esteso ed alto?
E poi: esteso o alto? Ne faremmo una gigantesca piazza o uno svettante grattacielo, simboli anch'essi della modernità?
Credo che se la questione si ponesse in questi crudi termini, faremmo quel che sempre abbiamo fatto, a dispetto di monumenti bronzei o marmorei: torneremmo a interrarli, per poterci camminare sopra perdendone pian piano ogni sentore.
Parlare dei morti - quando sono esseri viventi uccisi - senza vederceli fisicamente attorno, è sempre e solo illusione, spesso un accurato e compassionevole autoinganno.
Per questo li ricordiamo una volta all'anno.

Michele Casiraghi


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  2 novembre 2004